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      E' non ci fu caso, allora vollero guadare tutti di stianto: a casa Ludovico rimase co' vecchi e co' malati(31). Precedeva a tutti Martino, ma, giunti a tiro di archibugio, Vincenzo di Puccio non patì che a quel modo andasse più oltre volendo ad ogni patto mettercisi egli medesimo, e così camminando, arrivato presso il torrione di Santa Croce, sostò alquanto per consultare il modo da seguire, caso mai pigliassero a sfolgorarlo le artiglierie; il Pissini opinava si avesse attendere che fosse più imbrunita la notte per poi passare oltre rasentando le mura, ma il Puccio di riscontro:
      O che vuoi tu aspettare, sii benedetto? o non odi che suona l'un'ora di notte? avanti, avanti, che il nemico avvertito potrebbe rinforzarsi da questo lato; avanti." E così di corsa arrivarono alla porta San Donato, dove trovarono meglio di quattrocento uomini quivi precorsi senza consiglio, ristretti come pecore; e, più grato del pari che utile incontro, vi rinvennero alcuni giovani sperti in arme e di gran nome, i quali, tornando dalle cacce delle marine, nulla sapevano dei trambusti di Lucca, e, presane notizia così alla lesta, si proffersero partecipare alla impresa capitani o soldati. Tuttavia la porta non si apriva, sicchè cotesti giovani impazientiti sentivano scottarsi sotto le suola il terreno; onde taluni procedendo con tumultuario consiglio decisero portare in fretta paglia e fascine e con esse abbruciare la porta; tali altri all'opposto rigettavano cotesto partito come troppo lento e perchè avrebbe chiamato agevolmente a sè l'attenzione del nemico; proponevano invece accostare alle mura lunghi pioppi con piuoli traversi ed a questo modo scalarle, il che sarebbe stato ancora più lungo: non attecchirono entrambi e, smesse le vie pericolose, spedirono gente che con celere corso si affrettasse a prendere lingua fino alla porta San Pietro, dove venne detto loro tornassero addietro; pazientassero un poco, chè senza fallo si sarieno aperte le porte di San Donato.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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