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      Pareva fosse tempo di smettere, ma paura ed ira nella gente patrizia non così tosto si attutano; cessata la volta dei colpevoli, venne quella degli aderenti loro, citandoli a compire, pena la vita; ma essi conoscendo a prova che dal presentarsi al tribunale iniquo ne veniva sicurissima morte, si mantennero contumaci, però banditi tutti a perpetuo esiglio: esclusero solo Bartolommeo Civitali, come quello che giovancello essendo fu assistito dalla legge (e più da qualche suo consorte), la quale presume che nella età tenerissima l'uomo si disponga a misfare non per dolo, bensì per leggerezza. E tuttavia non pareva ai patrizi potere dormire i sonni in pace se non si toglievano dinanzi agli occhi Vincenzo Granucci e gli amici suoi, i quali non sapendo come agguantare, ricorsero al discolato, a cui sottoposero sei nomi; quattro ne resultarono vinti, il Granucci in capo. Nè pur qui finirono le vendette, le quali non cesso riportare fino ad una, onde il popolo apprenda rabbia di ottimati che sia; e non oppongano già che i patrizi mancarono, essi vivono e anelano ricuperare il perduto; questo è perenne desiderio delle persone, più duraturo nei corpi collettizi e negli ordini; onde considera, lettore, quanto poco senno abbiano gli uomini di stato, i quali volendo disfare un ordine di cittadini reputato infesto, gli tagliano i rami e non lo svellono dalle radici; col tempo i rami ritornano ad aduggiare più maligni di prima: o non toccare, o schianta. - Adesso si tenta per via di straforo mettere le mani addosso ai più temuti di essi, i quali andavano pure compresi nel perdono del martedì santo: sostenuti Marchiò, Spinellone e Alfeo testori per


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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