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      Appena pigliato un po' di riposo a Strasburgo, dove gli allogarono con onorevole stipendio una cattedra nella celebre università, scrisse alla chiesa riformata di Lucca esponendo le cause ond'egli costretto abbandonò la dolce patria italiana, e le faceva coraggio a perseverare nello amore del Vangelo(37), che bene ella aveva tolto a norma della sua eterna salute. Conosciuta la fuga del Martire, con la feroce bramosia di cui noi che scriviamo avemmo ed abbiamo immagine viva nelle opere sbirresche dei diversi principati fin qui succedutisi in Italia; sbirri sempre comunque tu li nomini, li vesta o gl'incrocicchi come si fa ai canti per salvarli dalle lordure, ecco i cagnotti assediare il convento del Martire, rovistarlo da cima a fondo, menare a vergogna i religiosi in prigione, otto più lesti in gamba se la svignarono riparando in Isvizzera: malgrado questa fiera persecuzione, la chiesa protestante non andò dispersa, all'opposto come rovere sbattuta dal vento resistè alla bufera romana sicchè il Martire scrivendo ben tredici anni dopo ai fratelli lucchesi così si esprimeva: "Voi avete fatto per molti anni tanto avanzamento nel Vangelo di Gesù Cristo che non era punto mestieri io vi esortassi con lettere, ed altro non mi restava, eccetto questo: che in qualsivoglia luogo mi trovassi, io vi levassi a cielo.... si accrebbe poi la mia letizia quando seppi come, dopo finite tra voi le mie fatiche, Dio vi avesse provveduto di maestri sapienti, zelatori e considerati, in grazia delle virtuose cure di loro la opera impresa andava a perfezionarsi.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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