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      Di monsignor Pietro Carnesecchi non si potrebbe dire bene tanto che bastasse(44): indole umana, benigna e più, comechè nella pratica della virtù rigidamente costante; egli dotto nelle greche e nelle latine lettere, parlatore diserto, poeta insigne, consigliere argutissimo e fedele, delizia di quanti il conobbero, tra i quali piace distinguere quei due chiari intelletti che furono i cardinali Sadoleto e Bembo. Gli fu amico Giulio dei Medici, esaltato poi a pontefice col nome di Clemente VII, il quale lo elesse pronotaro apostolico e segretario; con tre abbazie lo locupletò nel reame di Napoli, in Francia e nel Polesine; avendolo a mandare allo imperatore Carlo V nel 1531, lo accompagnò con questa commendatizia di cui non sapremmo immaginare nè più calzante nè più affettuosa: "Noi ti raccomandiamo un cittadino fiorentino, uomo di somma fede e di modestia singolare, il quale, e pei suoi meriti e per l'animo a noi divotissimo e per nobiltà e per virtù, amiamo quanto maggiormente possiamo." E certo il papa favellava sincero, imperciocchè perfino del proprio nome volle ch'ei usasse; ed in cotesti tempi corse fama che la Chiesa pei consigli del Carnesecchi si governasse. - Siffatto intelletto era impossibile che le improntitudini romane sopportassero; convenuto sovente a Viterbo presso il cardinale Reginaldo Polo in compagnia di Marcantonio Flaminio, si pascevano de illo cibo qui non perit, ovvero di ragionamenti ribelli all'enormezze di preti cupidi, feroci ed ignoranti; a Napoli prese usanza col Valdes, l'Ochino, il Vermiglio e il Caracciolo; altrove strinse amicizia col vescovo Soranzo, col Vergerio, col Rangoni, Priuli, Merenda, Altieri, Celsi ed altri parecchi; mantenne più che benevole corrispondenza con Vittoria Colonna, Margherita di Savoia, Renata di Francia, Lavinia della Rovere e Giulia Gonzaga; generoso ed umano sussidiò largamente i perseguitati; diceva anco a chi non lo voleva sapere come a capacitare gli uomini ci vogliono buoni argomenti esposti con amore, non già lo immane urlìo "abbrucia, ammazza"; pii ed innocentissimi affermava avere provato la più parte dei protestanti; cui si ritrattava compiangeva di spirito debole e di animo abbiosciato, all'opposto chi persisteva nella fede novellamente assunta lodava, e fra questi levò a cielo il Valdes scrivendone al Bonfadio; insomma disse ed operò in guisa che in cotesti tempi per mandare alle fiamme un uomo dabbene ce n'era anco di troppo.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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