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      Quelli che di voi non avevano contezza forse vi hanno temuto troppo deboli per resistere alla bufera, ma io non avrei mai creduto che voi vi sareste tanto vergognosamente abiettati; e a voi erano pure noti i furori dell'anticristo e il pericolo che minacciava i vostri capi quando ricusavate fuggire e prevalervi di ciò che taluno di voi chiamava il rifugio del debole, ed io consiglio di prudenza in tempi perversi. I laudatori della vostra costanza dicevano: Questi animosi soldati di Cristo a piè fermo aspetteranno la gloria di affermare a prezzo di sangue e di martirio il progresso del Vangelo nel proprio paese, non patendo a verun patto di comparire secondi ai magnanimi esempi somministrati loro quotidianamente dai fratelli di Francia, del Belgio e d'Inghilterra. Ah quante speranze svanite! Quale argomento di esultanza agli empi nostri oppressori! Più che con le parole col pianto egli è forza deplorare questa dolorosa vicenda."
      Nè, a vero dire, i pericoli che correva Lucca erano vani, e già lo accennammo. Cosimo smaniava allargarsi; troppa piccola veste la Toscana per lui, quindi stava alle vedette per coglierla in fallo e così dare la balta allo inquisitore perchè gliela consegnasse. Il Caraffa e il Ghislieri a patto di schiantare la eresia avrieno dato fuoco, non che al genere umano, al mondo; sicchè all'oratore veneziano Fedeli, come altrove fu avvertito, Lucca pareva una povera quaglia sotto allo sparviero. La repubblica ciondolava con astutissimo consiglio tra lo scansare i pericoli di fuori, non disperare quei di casa, tenersi bene edificata Roma e non cedere alle improntitudini di lei: insomma fine della disuguale scherma fu, che Lucca respinse incrollabile la Inquisizione e i gesuiti da casa sua: imperciocchè Salvatore Guinigi, spedito a Roma per istornare la venuta loro a Lucca, scrivendo all'Offizio su la religione dichiarava: "aver considerato come(50) cotesti huomini fossero di qualità che quando mettono il piede in un luogo fanno come il riccio e cercano sempre tirare a loro; che teatino non vuole dire altro che tira a te, e perciò non pigliano nella loro religione furfanti o poveri, ma cercano subornare giovani ricchi e che possano portare molto utile; e chi li ha per vicini non si tiene padrone del suo, perchè se li viene volontà di allargarsi, bisogna star forte: chi ha vigna vicina alla loro, bisogna che commetta al vignaruolo che chiuda la porta subito che li vede, perchè applicandoci l'animo saria perduta; e che il fine loro è di mangiar bene e bevere meglio e di governare tutte le cose tanto nel temporale quanto nello spirituale con malissima sodisfatione dello universale e con pericolo che un giorno non ne segua qualche pericolo notabile.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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