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      A vero dire, non sembra ch'egli a procurare la pace si sbracciasse troppo, e s'intende, imperciocchè se le pratiche attecchivano, gli era mestieri trattenersi per condurle a conchiusione, e la sua mossa a San Quirico doveva essere pretesto, non fine de' suoi disegni: arrivato la mattina traccheggia fino a sera per adunare il Comune, il quale raccolto egli arringò come uomo cui non pareva vero lasciare il suo uditorio più incaponito di prima: questo poi gli venne agevolmente fatto, tirando la natura dei Lucchesi anzi che no al cocciuto; onde, dopo averlo ascoltato, con parlare succinto gli notificarono che se li magnifici Signori comandavano la pace, essi comechè ne fossero vaghi quanto il cane delle mazze, pure come figliuoli di obbedienza arieno chinato il capo; dove poi gli avessero lasciati liberi, allora preferivano perdere vacca e moglie, pecore e figliuoli piuttostochè porre giù l'odio contro i Castelvecchiesi. Ottenuta questa risposta, ebbe a sè il famiglio ordinandogli mettere in sesto le cavalcature. "O non sarebbe meglio, notava il Bati, che noi ci fermassimo fino tutto domani per tentare nuove vie di conciliazione? io ne ho visto rabberciare ai miei dì delle più scassinate di queste." No, no, risposegli il Burlamacchi, con cotesta gente gli è lo stesso che camminare per rena; io li trovo tuttavia acerbi; lasciamoli maturare un altro micolino al sole.
      Montati a cavallo, il Bati, che precedeva Francesco, si volse dal lato di Lucca, pur pensando avere a tornarsene a casa, ma il Burlamacchi, fermato per un braccio il famiglio, gli susurrò nell'orecchio: "Non è costinci che tu hai a passare" "O, signore, da dove avremo a passare, noi?


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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