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      Però sovente crede chi osserva alla grossa che sia accaduto nelle passioni un tramutamento, e non è; rimangono invece quali erano, e o si applicano diversamente, ovvero, non essendo state considerate oltre la scorza, ora paiono diverse.
      Questo accadde al povero Cesare Benedino, il quale aveva preso dimestichezza con certo Andrea Pessini e, reputandolo buono non meno che bravo, lo amava per traverso la vita. Andrea, frequentando la gente manesca, aveva una tal quale prestanza acquistata, ma più di lingua che di mano; pure anco di mano: compagnone oltre il dovere; a passatempi e a stravizzi immancabile; era più facile a Lucca trovare una osteria senza la immagine del Volto Santo che senza il Pessini, giocatore e perditore disperato; prodigo del suo, contro la ordinaria indole dei Lucchesi, non liberale, onde in un punto stesso o con intervallo breve lo provavano taccagno e sciupone; ma fra la gente pari sua godeva fama di generoso, imperciocchè in compagnia la vanità vinceva la sordidezza, se si giudicava inosservato, allora la sordidezza pigliava il sopravvento alla vanità; siccome poi ogni giorno più la sua sostanza si riduceva al verde, l'agonia della imminente inopia gli andava scanicando lo intonaco di onestà, e più ampie nella bruttezza si palesavano le turpitudini dell'anima sua. Forse se Cesare avesse potuto stargli del continuo allato, si sarebbe accorto di cotesta trasformazione; ma essendosi egli assai travagliato in continui viaggi, poco ci aveva avuto usanza negli ultimi tempi; però quando prima lo vide, malgrado gli ammonimenti gravissimi di non aprirsi se non a persone di fede provata, riputando ch'ei fosse proprio il caso, gli confidò il disegno del Burlamacchi, sicuro di averlo compagno alla impresa.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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