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      Cominciai, cosė alla larga, a narrare il bene che avevo voluto ad una signora che non nominavo. Come parlavo bene! La mia voce era una musica molle, dalle onde languide e carezzevoli e le parole che mi venivano corrette, misurate, nella frase si colorivano, si scaldavano, e il discorso, irreprensibile nella forma, aveva preso un'abbondanza ovidiana, una eloquenza fascinatrice tale che qualche volta mi pareva di recitare dei brani della Nuova Eloisa. Ella, stesa nel suo cantuccio, seguiva cogli occhi socchiusi i fili del telegrafo e gli alberi che si rincorrevano. Non si moveva e solo le sue labbra erano rialzate da un impercettibile sorriso e il respiro largo e tranquillo le sollevava e abbassava lentamente il busto. Io parlavo, parlavo, languidamente, con delle inflessioni di voce che parevano dichiarazioni fatte in ginocchio, con delle frasi morbide che parevano preghiere. Qualche volta i suoi occhioni si fissavano ne' miei e fuggivano; qualche volta apriva a mezzo il ventaglio come per coprirsene la faccia e ad un tratto chiuse gli occhi come se dormisse. Io seguitai a parlare, sempre pių chiaro, sempre pių eloquente e chiedendomi sempre quel che avrei fatto, studente, in quella posizione.
      Se guardate nelle guide dell'Alta Italia, vedrete che dopo Monselice c'č un tunnel.
     
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      Uscendo dalla stazione a Venezia, il sole ancor alto batteva sull'acqua immobile e verdognola del canale. Ella aveva preso il mio braccio e ci eravamo fermati, un po' indecisi, fuori dell'atrio, mentre i gondolieri dalla riva ci chiamavano ad alta voce agitando le braccia.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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