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      Il nostro intervento calmò un poco la burrasca, ed era tempo, perchè de' miei buoni compatrioti che abitano il versante adriatico c'è poco da fidarsi in quelle bufere. Allora volemmo saperne la cagione per toglierla di mezzo ed impedire che si rinnovasse; ma fu inutile. Nessuno, nemmeno i più accaniti combattenti, seppe mai dire il perchè della faccenda; tutti, nessuno eccettuato, protestarono di aver cominciato a picchiare perchè avevano visto gli altri fare lo stesso e non rimase che dar la colpa al vino. Allora, per curare i mali secondo il metodo omeopatico, similia similibus, consigliammo di far portare nuovi fiaschi, ed a maggior gloria del dottor Hahnemann la ricetta operò bene. Non tardò molto che Marco, il più pericoloso dei pugilatori, ruzzolò in un fosso e cominciò a russare come una locomotiva.
      Ma per rendere più solida la riconciliazione, pensammo di ricorrere alle delizie della coreografia. C'era un suonatore d'organetto che, per salvare il suo istrumento dalla battaglia, aveva preso tanti pugni quanti ne poteva portare. Lo consolammo a contanti e la Mea portò via la tavola dalla camera più grande, accese quattro candele di sego e diede all'Agatina il grazioso permesso d'aprire il ballo coi pacieri. E si ballò.
      Infelicissima idea! Non c'erano donne e i buoni montanari cominciarono a ballare tra loro. Noi, che avevamo in corpo qualche diecina di chilometri di strada montana, dovevamo alzarci alle due dopo mezzanotte per salire la Falterona e scendere a Stia in Casentino; ma quando ci recammo ai nostri canili per riposare, ci accorgemmo con terrore che la sala da ballo era proprio sulla nostra testa.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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