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      Una donna non ancora vecchia, ma deturpata dagli stenti della vita nomade, chiamò col fischio certe capre e ci munse il latte caldo e spumante. Il monte stava innanzi gigantesco, colle sue coste chiazzate di prati verdi e di abetìe quasi nere, alto alto, tanto che a vederne la cima dovevamo alzare la testa e torcere il collo. Salire dritti alla cima non è facile per le dense fratte di faggi cedui inestricabili come siepi. C'è caso di non poter salire che tagliando i rami fitti e pestando le vipere velenosissime che brulicano nell'ombra umidiccia. Avevamo l'ammoniaca con noi, ma nessuna voglia di usarla, e volgemmo quindi verso levante per avvicinarci alla punta di Modina e dal Pian delle Fontanelle dirigerci alla vetta.
      Oh, il magnifico bosco! Gli alberi qui non sono tisici e mortificati come nei nostri civili giardini pubblici, ma alzano superbamente al cielo i fusti rigogliosi e le braccia robuste, si aggavignano alla madre terra con certe possenti radici di cui i primi serpeggiamenti sono scoperti, rugosi, immani. Là bisogna andare per sentire ilMormoreggiar di selve brune ai venti
      Con susurrio di fredde acque cadentiGiù per li verdi tramiti dei monti;
      là bisogna andare per sentire quanto sia meravigliosa la natura e misera la parola che vorrebbe dipingerla; per capire come si possa odiare il consorzio umano e farsi eremita ad adorar il bello.... almeno un giorno. Andate là, cercate un pilastro in rovina dove è scritto:
      QUESTA MAESTÀ
      FECE FARELUCA DI LOTTO
      PER VOTOA. D. 1588
      sedete e fate colazione.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





Modina Pian Fontanelle