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      Padre Romualdo tutte le sere veniva nella mia casetta. Aveva preso confidenza e fumava e beveva come se la regola glielo imponesse. Mi raccontava alle volte certe storielle grassocce che lo facevano ridere sino alle lagrime e si rovesciava sul seggiolone tenendosi la pancia e sgangherando le mascelle. Il buon padre si sentiva sovrano e padrone di Monte Stella e, poichè i suoi tre fraticelli lo servivano come un pascià, egli si era liberato sempre più dai lacci monastici e ho il sospetto che peccasse e si assolvesse da sè. Certo lassù, in quel monastero venerato da tutta una regione, egli solo aveva facoltà di confessare.
      Una sera gli contai le mie nuove tribolazioni che egli accolse con uno scoppio di ilarità. Lascio i commenti aretineschi che vi fece sopra. Egli era oramai giunto in età da non soffrire come soffrivo io, ma mi narrò, con molta evidenza, le sue lotte passate, le sue vittorie contro la tentazione, dove qua e là mi parve di scorgere qualche restrizione e qualche bugia. La confessione era il suo tema prediletto e mi narrava le marachelle che aveva sentito dalle donne, i casi di coscienza che aveva dovuto sciogliere, le sue soluzioni e una filza di aneddoti pornografici che lo facevano sussultare dalle risa sopra la scranna, mentre io senza volere, ogni volta più l'ascoltavo volentieri.
      Una sera aveva bevuto più del solito e cominciava a perder l'erre. Bussarono alla porta del giardino e il padre dalla sua sedia chiese ad alta voce: - Chi è? - Un fraticello rispose: - La contessa Y* che si vuol confessare.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





Romualdo Monte Stella