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      Del mondo non gli importa se non per quel che ha riguardo alla religione e nel Natale non vede più in là del mito cattolico:
      Mio amore e Salvatore,
      quanto tu se' grazioso,
      ch'empi il cor di dolzoree failo star gioioso!
      non so star più pensosoquando sovviene al core
      l'angeluccio mio amoreche in gioia mi mantiene.
      L'angeluccio piccolinoche in Betelemme è nato
      non vi paia sì fantinoch'ello è re incoronato,
      e l'angelo l'ha chiamatoper figliuol vero di Dio.
      Questo si è il signor mioche in sua man tutti ci tiene!
      Ma nel secolo seguente, il secolo degli umanisti, del paganesimo che ricomincia, non è più al bambino che si volgono gli affetti ed i canti; è alla madre, alla donna. Lorenzo il Magnifico si raccomanda al cielo per paura dell'inferno e quando nella lauda sesta par che voglia celebrare il natalizio del cristianesimo, si rivolge a Maria e non più all'angeluccio piccolino dell'umile Jacopone. Dice bensì:
      Tu Maria fosti onde nacquetanto bene alla natura;
      ma si volta subito alla donna, ed in lei loda, più che altro, la bellezza;
      Quant'è grande la bellezzadi te vergin santa e pia!
      . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
      Con la tua bellezza tantala bellezza innamorasti.
      O la bellezza eterna e santadi Maria bella infiammasti.
      Tu d'amor l'amor legasti,
      Vergin santa dolce e pia.
      D'allora in poi è rimasto qui quel che i protestanti chiamano mariolatria. Lasciamo in un cantuccio queste discussioni di lana caprina; ma notiamo questo, che nell'arte nostra c'è stato sempre piuttosto il culto della madre che della vergine.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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