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      E quanto alla seconda quartina, lo Stato non protegge dunque più e non sostiene Monsignore nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue prerogative? Ma se egli ricorre ai Tribunali per sostegno e protezione contro di me, riconosce dunque per vero il fatto che affermo! È bensì da confessare che quanto al secondo verso, "Nessun s'impiccia degli affari miei" (bel verso, Sante Muse, da querelarsene!) c'è inesattezza, perchè il "Lamone" se ne impiccia. Ma, oltre che s'intende alla prima che questo verso è legato all'antecedente e allude ad ingerenze ben diverse da quelle d'un giornaletto, dov'è l'offesa all'onore ed alla reputazione? E si offende Monsignore affermando e quasi augurando che godrà della dignità cardinalizia prima del suo vicino e collega di Forlì? E lo si offende ponendogli in bocca, in vero con frase troppo famigliare e volgare, ma non offensiva, un disprezzo delle vane pompe e delle non cercate dignità che, voglio supporre, sia nell'animo di Monsignore? "Ne vocemini Magistri, quia Magister vester unus est: Christus". Ma questo, ahimè! si legge nel Vangelo.
      Nell'esemplare del "Lamone" che mi fu mostrato dal Signor Pretore, le due terzine erano sottosegnate con freghi di penna, il che mi fa credere che il nido delle vipere, il tossico, l'abominio fosse in quelle. Vediamolo pure, ma innanzi tutto ricordiamoci ancora che qui "Parla il Pastore" non monsignor Giovacchino Cantagalli. Quest'ultimo non rideva certo durante gli ultimi moti di Faenza quando, barricato nell'Episcopio invocava il soccorso del braccio secolare e, mi dicono, implorava dai Ministri del Re sacrilegamente governanti da Roma il sussidio delle armi contro le ciane che gli scompisciavano lo stemma.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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