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      E la firma? Eccola qui: Ruspoli. Nientemeno che l'illustre cognome dell'ultimo Sindaco di Roma, allora ancor vivo.
      Ebbene, allora mi assalirono gli scrupoli. Ma che mai il Pastore di Faenza, chiunque egli fosse, potesse riconoscere in quei versi qualche cosa di ingiurioso? Mummie, mostri, odio, vendetta! C'è dubbio che qualcuna di queste parole potesse con verisimiglianza torcersi come ad offesa personale, come a contumelia al Vescovo pro tempore? E perciò, come ho detto, m'informai, per non offendere, per non parere ingiuriatore anche involontario di una persona cui quelle parole potessero dalla malignità essere riferite. E feci bene, perchè ora sentirei con più corretta logica l'illustre Avvocato Capretti scaraventarmi addosso i suoi sillogismi per convincermi che quei versi, perchè stampati in quel numero, sono ingiurie atrocissime, dirette, non ad un Vescovo qualunque, ma a Gioacchino del fu Agostino Cantagalli. Lo sentirei sentenziare come osservazione di ordine generale. La impressione che si riceve alla lettura dei quattordici versi che precedono è disgustosa. E poi che in quel «sebben di notte» ci sono sottintese le più orribili cose ben s'intende; che ognuno è tratto necessariamente a rispondere che la mummia è Gioacchino Cantagalli: che il dargli del mostro è il colmo della enormità morale (che diavol mai sarà l'enormità morale?); che accusarlo d'odio è per lo meno linguaggio indecoroso e sacrilego; che attribuirgli sentimenti di vendetta è linguaggio degno di Nerone o di Caligola a pena a pena e insistere nel commento sarebbe un'offesa al buon senso del Magistrato.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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