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      ) che il vescovo di Faenza, pro tempore, è un Gioacchino del fu Agostino Cantagalli; che se io m'ero informato delle azioni e del carattere di costui per evitare nello scrivere l'accusa d'ingiuria personale; resta che il sonetto in sè, obbiettivamente considerato, è così generale che può essere applicato a Cantagalli come a Cantagrilli e che dalle azioni e dal carattere del querelante in molte parti è disforme, anzi affatto contrario. Resta che Parla il Pastore simbolo, e non persona.
      E qui mi pareva d'essere giunto alla riva, e speravo anzi d'esserci giunto sano e salvo, quando l'illustre Avvocato Capretti mi dà sulla voce e m'avverte che io ho ribadito e aggravato «a riguardo di questa prima terzina» l'offesa e la sanguinosa ironia. E me lo prova colle mie parole stesse. Già! Habemus confitentem reum! Ed ecco, povero me! le parole dell'illustre Avvocato e il ribadimento e l'aggravamento che dalle parole mie salta agli occhi della mente di ogni persona imparziale e perspicace.
      E il Guerrini ribadì e aggravò a riguardo di questa prima terzina l'offesa e la sanguinosa ironia pur credendo di difendersi allorchè scrisse a commento della detta terzina quanto segue: «E il Pastore (parla il Pastore) di queste cose deve se non ridere, almeno sorridere. Il suo sacro ministero si rivolge a ben altro che ai tumulti pel caro prezzo delle farine. Egli sa che l'uomo non vive di solo pane e la piccolezza delle passioni e dei bisogni umani non lo tange. Sorvola, assorge a contemplazioni più alte, ha cura dell'anima non del ventre, pensa, prega, si mortifica, sale a mistiche visioni ed a sfere paradisiacamente calme e serene confortato dalla grazia, conscio della propria immarcescibile corona, guarda alle miserie nostre e può bene dire e dice: Io rido intanto quando sento il chiasso - e il balordo furor degli affamati - Che si quieta (leggi si chetan) coi viva e cogli abbasso.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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