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      O di che vive e di che vivrebbe dunque?».
      Qui il senso finiva e l'audacia lo troncò dove gli conveniva. Fino allora io sosteneva la verità, cioè l'innocuità del tosare attribuita al Pastore e, contro la mia parola e la mia intenzione, l'Ecc.ma Corte ha visto mutare il tosare in dissanguare, sfruttare e dal Pubblico Ministero precisamente in scorticare! Così lo scritto mio, troncato, svisato, si fece servire contro di me e contro la verità! Così, mentre io mi dirigevo al criterio del Giudice per una interpretazione intellettuale e sagace, mi sono visto, con un frammento del mio discorso, isolato dal resto, chiedere contro me stesso la durezza cieca ed irragionevole del giudicante! Così mentre io gridava col Giureconsulto «qui haeret in litera, haeret in cortice» con una, diremo abile, soppressione di parte delle parole mie, mi sono visto, prima confesso, poi invocante sopra il mio capo la più fiera severità, non della legge, ma del Magistrato! Non qualifico, ripeto, questo modo di procedere, ma ricorro con fiducia alla serena imparzialità della Corte Ecc.ma, perchè corregga un giudicato strappato con queste arti ai primi Giudici.
      Perchè io non fui giudicato pel sonetto mio, ma pel sonetto, anzi pel poema, che l'illustre Avvocato Capretti sostituì ai miei poveri versi. Gli Ecc.mi Signori della Corte conoscono il mio sonetto «Parla il Pastore». Ecco ora la parafrasi, il rifacimento che coi facili ossia, equivale, ben s'intende, salta agli occhi di tutti, l'illustre Avvocato sottopose colla sua Memoria ai Giudici.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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