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      La verità è che il contegno del grande filosofo insegna e dovrebbe insegnare come egli riconoscesse il diritto della satira alla personalità e desse l'esempio del come un uomo che rispetta se stesso e non ha paura della luce e della verità, alza sicuro la fronte in faccia a tutti e non fugge a nascondersi e rifugge dalla querela.
      La satira è, per l'intima essenza sua, personale. La nozione astratta di un vizio potrà offrir materia a discussioni etiche o ad invettive retoriche, ma non potrà mai dare la rappresentazione viva, efficace, ed artistica del vizio stesso. Occorre all'arte l'imagine del vizioso non la definizione del vizio e non si può ottenerla che copiando dal vero. Se Tartufo non sedesse a modello, come si farebbe la satira della ipocrisia? Ma crede forse il Pubblico Ministero che la satira sia personale soltanto quando reca in fronte i connotati e il nome della persona presa a modello? In questo caso allora anche il mio sonetto non è personale. Molti connotati sono disformi da quelli del Vescovo ed il nome, (poichè io rispondo solo del mio sonetto avendo ignorato tutto il resto) il nome non c'è. E questo sia detto solo per mostrare l'inanità del canone d'arte e di morale che mi si oppone coll'autorità del Giusti, poichè del resto il Pubblico Ministero sa troppo bene che non solo si restringe il cerchio dell'arte, ma si uccide l'arte a dirittura interdicendole il modello, vietandone la verità.
      Ma il Giusti poi, vero Padre Zappata, disse anche una bugia. Pochi sono i poeti satirici più personali di lui che pure protestava del contrario così spesso e volontieri.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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