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      E perchè no allora anche il pesce d'Aprile? E perchè no l'innocente giuoco della berlina? Chi ne è vittima, non è egli esposto al ridicolo? Chi vince una partita di briscola potrà, se ride, esser querelato da chi l'ha perduta? Eppure si giungerebbe a questi stravaganti risultati non tenendo conto di quel quid di contumelioso, delle verba per se iniuriosa, che sono inseparabili, anzi essenziali al significato del vocabolo ingiuria ed alla figura del reato; quel quid che il Frola chiama indole manifestamente ingiuriosa delle espressioni. Che se dai più severi e duri interpreti del nostro Codice si vuole che il Giudice non debba tener conto della intenzione e del fine, ma del solo nudo fatto, giusta la ferrea massima che «quando verba sunt per se iniuriosa, animus iniuriandi praesumitur» prego la Ecc.ma Corte a trovare nel mio sonetto un vocabolo per se ingiurioso. Ce n'è uno, becchi che, per metafora, può suonare ingiuria, ma non è diretto al Vescovo e, per conseguenza inesorabile di logica - quando verba non sunt per se iniuriosa, animus iniuriandi non praesumitur. - Esula quindi la presunzione e non restano che la induzione, la interpretazione, il supposto dell'illustre Avvocato Capretti; resta insomma una ingiusta ed arbitraria praesumptio juris et de jure, che sarebbe base troppo unilaterale e fragile perchè un Giudice serenamente onesto ci potesse costruir sopra una sentenza di condanna. Dolus inest in re ipsa, dicono gli interpreti più severi. Ebbene, nel mio sonetto, in re ipsa, trovate l'ingiuria, trovate le verba per se iniuriosa, la contumelia insomma!


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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