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      Non mi facevano paura i congressi dove i magistrati si organizzavano come sindacalisti qualunque e intimavano al paese ordini del giorno che sapevano un po' di preghiera e un po' di minaccia. Ciò che mi faceva paura era lo stato di decadenza in cui troppo evidentemente versava la Magistratura italiana e dicevo che certi giudici i quali dispongono del nostro avere e dell'onor nostro, nessuno li avrebbe accettati nemmeno come servitori.
      Questo giudizio pessimista sopra, non tutta la Magistratura, ma sopra una non minima parte di essa, mi procurò non poche proteste. Parve ad alcuni che io parlassi pel bruciore di qualche sentenza contraria e non era che stupore di quel che vedevo e sapevo. Si credette a qualche antipatia personale, o che so io. Tornò fuori dall'ospizio dei vecchi, la decrepita moglie di Cesare, alla quale si potrebbe pur dire che se non voleva essere sospettata, non doveva darsi alla malavita. Insomma fu un coro non precisamente trionfale.
      Un egregio magistrato che onora veramente la sua classe, mi riprese osservandomi che non mancano i giudici incorrotti e saggi in Italia, incapaci di tradire il loro sacro dovere anche nelle maggiori strettezze della vita. Argomento ingiusto e guai al mio illustre contradditore se egli lo usasse nella motivazione di una sentenza! Io non dissi tutti. Notai che c'erano dei brutti segni e che, prima di aprir la borsa, era il caso anche di aprir gli occhi, ma non meritavo una condanna per una generalizzazione che non feci.
      Avrei potuto rispondere, ma preferii tacere sotto il peso della disapprovazione.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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