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      Ecco qua e' brievi scritti con molto più onorevole e magnifiche parole che per modestia non dico; questi sono e' miei testimoni, non saccomanni, non fantaccini incogniti, bestemmiatori ed assassini. Che allegrezze credete voi, giudici, che fussino quando arrivorono questi brievi in quelle tre città? Che concorso universale, che romore di campane, che fuochi, che artiglierie? Pareva che ognuno fussi rinato.
      Ecco qua e' testimoni: tanti vostri cittadini, tanti vostri mercatanti che passando per Lombardia hanno tutti veduto e sentito queste cose. Vedete quello dicono, quello che dicono questi altri che sono stati in Romagna, questi che fanno tuttodì faccende con romagnuoli; né solo udite quelle che dicono ora, ma so che ognuno di voi si ricorda che allora non si parlava di altro che della nettezza mia, della buona fama che avevo ne' governi, della giustizia grande che io facevo. Le quali cose quando mi tornavano a orecchi, che pure le sentivo spesso, era, Dio mi sia testimonio, maggiore sanza comparazione el piacere che io avevo d'avere tra voi buono nome, che di quanti onori ed utili io vi avevo. E nondimeno, meschino a me, io non posso parlare per dolore; meschino a me, avevo a essere tenuto nella patria mia ladro publico, avevo a essere tenuto assassino, avevo a essere tenuto saccheggiatore e distruttore di questo paese. O speranze degli uomini fallace, o pensieri incerti, o disegni fondati in su la nebbia! Quante volte pensai da me medesimo: io tornerò in Firenze finiti che saranno e' governi, che so che hanno a finire, tornerò con facultà che basteranno al grado mio, ma molto più ricco di buono nome che di roba; non si spegnerà mai la opinione della bontà e della integrità mia, viverò felice con questa conscienzia mia, con questo buono concetto degli uomini; questo solo basterà a tenermi contento più che altro cittadino da Firenze.


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Consolatoria, Accusatoria, Defensoria
di Francesco Guicciardini
pagine 130

   





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