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      E che questo sia vero, ve lo mostra la instanzia che si fa a noi di questo accordo, la quale e' non farebbe se volessi accordarsi con franzesi, perché non gli servirebbe a niente, anzi, disegnando rovinarci col braccio di quella unione, gli sarebbe piú giustificazione e piú onore a non avere accordato l'uno dí con noi per mancarci l'altro. E quando lo accordo tra' re fussi in disposizione da dovere seguire, perché l'uno e l'altro vi avessi buona inclinazione, non seguirebbe né piú né manco per accordarci o non ci accordare noi, però in questo caso è frustratorio el disputarne; e non vi essendo questa inclinazione, come io non credo che vi sia, ed essendovi la diffidenzia come per necessitá vi è, né lo sdegno né la paura non faranno precipitare Cesare a questo accordo. Lo sdegno no, perché non è di natura da adirarsi a suo danno; manco la paura, perché ará de' modi da assicurarsi, col proponere qualche partito in Italia, che el papa e noi, Milano e gli altri restiamo sicuri dal sospetto che abbiamo di lui; il che potrebbe fare con piú facilitá e con manco pericolo, che non sarebbe lasciare uno re di Francia, el quale creda che liberato che sia gli abbia a essere inimico insieme con noi altri.
      E sanza dubio se io non mi inganno, el liberare el re di Francia per timore della unione di tanti, lo mette in maggiore pericolo, che non lo mette lo assicurarsi di noi, per via di acconciare le cose in modo che a tutti esca el sospetto che lui si voglia fare signore di Italia, a che e' modi sono facili.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
pagine 167

   





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