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      Ma a me pare che volendo noi accordare con Cesare per fuggire el pericolo di questa unione tra Francia e lui, noi andiamo, come ho detto di sopra, alla ruina nostra certa ed in uno termine che noi non possiamo avere aiuto se non da casi ed accidenti inopinati, in su' quali soli fondarsi è pazzia; dove tenendo questa altra via, possiamo avere la medesima speranza delle venture non pensate, ed anche ci è pure qualche ragione da sperare di salvarsi.
      Però se andando per questo cammino siamo certi che vi è la ruina nostra, siamo necessitati andare per questo altro, nel quale è pericoli assai ma non sanza speranza; la quale può parere a chi maggiore, a chi minore, ma non si può negare che speranza non ci sia. Non metto ancora per assoluto che non accettando noi lo accordo, ci abbia a essere rotta guerra di presente, perché rispetto alle terre forte ed e' modi che abbiamo di difenderci, la non è impresa sí facile che abbino a sperare di correrla, e le cose sono condizionate in modo, e saranno tanto piú se questa unione non si conclude presto, che el desperarci gli fa pericolo che noi non ci gittiamo a fare sí grassi partiti a' franzesi, che gli allettiamo a passare piú che non arebbono fatto per lo ordinario; ed anche non hanno costoro tanti danari, che gli abbino a volere spendere intorno alle nostre terre munitissime, per trovarsi poi esausti se qualche piena grande gli venissi adosso. Pure quando io fussi certo che fussino per farla, io non muterei sentenzia, perché meglio è che l'abbiamo ora che, come è detto, lo inimico nostro è manco atto a offenderci, che non sará a altro tempo, per la occasione che ará di farsi grandissimo, e levarci tutte le speranze de' sussidi mediante lo accordo nostro.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
pagine 167

   





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