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      E questo solo non si può negare che la fa dubia, difficile e pericolosissima, massime sendo e' franzesi imprudenti come sono, ed el regno in mano di donne che si governerammo piú con la tenerezza che con la ragione; nondimanco se noi potessimo camminare per altra via sicura o meno spinosa che questa, sarebbe pazzia sottoporsi a questo pericolo, ma essendo ogni altra via piena di maggiori pericoli, anzi ruine, mi pare che la necessitá ci sforzi a andare per questa, nella quale chi bene considera tutti e' casi, possono occorrere facilmente degli accidenti che allevierebbono molto questo pericolo.
      Le cose sono in termini che, séguiti accordo o no, non può essere tra questi dua re altro che grandissimo odio; perché el re di Francia, in luogo delle buone promesse che aveva avuto, e della umanitá e generositá che si era presupposto avere a trovare in Cesare, faccendosi conducere a lui in Spagna, ha trovato delusione e tutto el contrario delle speranze sue: a lui negata la presenzia di Cesare, se non quando fu in grado di morte, e Borbone inimicissimo suo, favorito ed onoratissimo; in modo che è certissimo che non amore, non animo regio, non desiderio di pace inclinerá Cesare agli accordi, ma che della sua prigione o liberazione si fará mercatantia.
      Però tutto el punto consiste che la liberazione sua si faccia in modo, che uscito che sia non resti legato di maniera che per necessitá séguiti quelle conclusione che ará fatto nello accordo a danno di Italia. E questo a mio giudicio s'ha a sperare ogni volta che el principio di questa lega avessi qualche buono progresso, di sorte che Cesare si conducessi alla concordia per necessitá e per timore; tanto piú che trovandosi la lega in sulle arme, ed avendo seco e' svizzeri, e' quali presuppongo che resteranno con noi ancora che e' franzesi accordassino, perché è el suo interesse, le esecuzione che s'avessino a fare contro a Italia non possono essere altro che lunghe, il che darebbe tempo al re di Francia di pensare a' fatti suoi; e ragionevolmente lo moverá piú el timore che lo imperadore, suo inimicissimo e che si vede che aspira alla monarchia, non pigli el dominio di Italia, che sarebbe instrumento a batterlo in Francia, che ogni rispetto di qualunque freno, di figliuoli statichi o di altro che per liberarsi avessi messo in mano di Cesare.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
pagine 167

   





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