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      Vostra Santitá ed ogni principe hanno a desiderare che le cose sue vadino prospere, né avere mai a tentare medicine pericolose; ma quando pure caggiono nelle avversitá, hanno con animo constante a tentare tutti e' remedi che si può, per non perdere lo stato, per non venire in servitú, etiam per non oscurare el grado e la maestá sua. E se non gli succede, perché sempre non si può resistere alla fortuna, non gli resta altro che mostrare nelle estremitá la sua virtú, la sua generositá; la quale quando conservano, possono finire infelici, ma finiscono almanco onorati, lasciano di sé memoria gloriosa apresso a' posteri, ed apresso a' presenti compassione. Ma se periscono ignavamente, resta el nome suo infame ed abominabile ed alla etá presente ed alla futura; e questa gloria, questa degnitá della memoria, a chi tocca a considerarla piú che a' príncipi? E' quali come sono stati posti in grado eccelso sopra gli altri, hanno anche le azione loro a essere eccelse, gloriose e splendente piú che quelle degli altri, ed a desiderare, se io non mi inganno, piú presto la morte che la vita, quando abbino diminuta una dracma della degnitá e maestá sua.
      È adunche Vostra Santitá condotta in luogo che agitur lo stato, la autoritá, la memoria e l'onore suo; accordando con Cesare, questo non si può negare che al tutto annichila la autoritá, el grado del principe ed ogni speranza di memoria onorevole, sanza che, infinite ragione ci sono da credere che el medesimo sará dello stato e della salute. Pigliando le arme ci è qualche speranza di conservare ogni cosa con augumento ancora della gloria e dignitá sua.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
pagine 167

   





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