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      Ricordisi Vostra Santitá che chi si abbandona da sé medesimo, è abbandonato non solo dalla fortuna ma etiam da Dio, el quale, come è in proverbio, non aiuta chi non si aiuta da sé stesso; e pel contrario la fortuna volentieri favorisce chi si arrischia. Le istorie sono piene di infiniti esempli di persone che da estremi casi si sono liberati con la animositá e con lo entrare francamente ne' pericoli, de' quali non debbe spaventare chi è in caso di necessitá; né è temeritá el pigliargli sanza vedere le cose troppo misurate, perché ne' casi difficillimi non si può avere la sicurtá, né si può una infermitá di tanto pericolo cacciare sanza usare rimedi pericolosi; anzi la troppa prudenzia è imprudenzia nelle difficultá, ed in fatto merita di essere chiamato prudente cosí colui che, quando la natura delle cose lo ricerca, sa rimettersi in qualche parte alla potestá della fortuna, come chi sa eleggere e' partiti sicuri, quando la sicurtá si può avere. Ma ristringendo el ragionamento, el pigliare la guerra è partito, io lo confesso, molto pericoloso; ma nell'altro partito mi pare che siano certissimi e' mali; ruinando, la ruina in ogni caso sará grande, ma nell'uno, el fine sará onorevole ed el conato generoso, nell'altro, el procedere ignavissimo, el fine vituperosissimo.
      La conclusione, per non mi stendere piú oltre, mi pare che sia questa: se a Vostra Santitá dá el cuore di potere vivere col nome di principe, ma spogliata della degnitá e maestá del principe, se di potere sostenere infinite indegnitá sanza vivere desperata, anzi per dire meglio, sanza morire ogni dí mille volte, e si confida che Cesare, contento di poterla comandare e sforzare, gli abbia a osservare le convenzione, e non gli fare perdere el pontificato e non gli occupare el dominio temporale, può risolversi agli accordi seco.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
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