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      E questa diversitá tra gli effetti e le cause accade piú nelle guerre che in qualunche altra cosa umana; perché le sono tanto sottoposte alla potestá della fortuna, che a ogni ora per ogni minimo accidente ricevono variazione grandissima, portando molte volte per caso estraordinario la vittoria a chi era ridotto in ultima desperazione.
      Se adunche ne' tempi nostri ed in questi prossimi anni č accaduto che la guerra la quale prese Clemente VII pontefice romano in compagnia del re di Francia e de' viniziani contro a Cesare, ebbe infelicissimo fine, poi che in luogo della sperata vittoria e quiete di tutta Italia ne successe carcere nella persona sua propria, el sacco crudelissimo di Roma, ed infinite calamitá universale; non per questo solo s'ha a fare conclusione che la deliberazione di pigliare la guerra fussi imprudente e male considerata. Ma chi vuole condannare el papa di temeritá debbe, se non vuole essere temerario lui, esaminare diligentemente le ragione che lo mossono, perché da queste, non dallo evento, s'ha a fare giudicio della prudenzia o imprudenzia sua.
      Io credo che ordinariamente sia officio di ciascuno principe essere alieno dal fare guerra se non concorrono dua fondamenti: el primo, quello della necessitá, cioč quando si pigliano l'arme per liberarsi da' pericoli, o almanco per acquistare quello che giustamente se gli appartenessi; l'altro, della facilitá, cioč quando le cose sono disposte in modo che verisimilmente puň sperare vittoria, o almanco non sia escluso totalmente della speranza; e che cessando qualunche di questi dua fondamenti, sia tutta ambizione o leggerezza.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
pagine 167

   





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