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      Le quali suspizioni multiplicando ogni dí in infinito, secondo che è la natura di queste cose come è aperto loro lo adito, spinsono el papa a prestare orecchi a certe pratiche che per mezzo di Ieronimo Morone si tenevano col marchese di Pescara, di dissolvere lo esercito, e dare al marchese el regno di Napoli; le quali essendo venute a luce, accrebbono da ogni banda el sospetto: in Cesare, perché gli parve avere compreso lo animo del pontefice alieno in tutto da sé; nel papa, perché pensò che la suspizione e l'odio fussi cresciuto in Cesare. E tanto piú che lui subito, o necessitato di assicurarsi, o pigliando el pericolo per occasione, occupò lo stato di Milano ed assediò el duca Francesco in castello, donde si augumentò el timore ed el sospetto di tutti, parendo che Cesare caminassi scopertamente al dominio d'Italía, e che gli altri tutti restassino a sua discrezione, se alla autoritá dello imperio ed a tanti regni, e spezialmente a quello di Napoli, parte tanto notabile d'Italia, si aggiugnessi el farsi padrone del ducato di Milano. E tanto piú che in tutte le pratiche che si tennono con Cesare di volere assicurare le cose d'Italia, non si potette mai spiccarlo dal proposito di volere disporre di quello ducato nella persona di monsignore di Borbone, persona che per essere inimicissimo del re di Francia era necessitato dependere totalmente da lui.
      Partorirono questi princípi una fine molto suspiziosa per el pontefice; perché avendo lui strettissima pratica di collegarsi col governo di Francia e co' viniziani in soccorso del duca Francesco, ed avendo a instanzia delli agenti di Cesare, che promettevano che lui accetterebbe certi capitoli proposti da Sua Santitá, consentito di aspettare dua mesi la risposta sua, Cesare, parendogli essere necessitato convenire o col re di Francia o col papa e con gli altri d'Italia, elesse piú presto lo accordo di Francia, mettendo in libertá lo antico inimico suo; che parve segno manifestissimo di pensare a farsi padrone d'Italia, poi che per poterla avere a sua discrezione aveva manco stimato tante ragione che erano in contrario.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
pagine 167

   





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