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      Né si può, anche se si discorrono le cose per l'ordine loro, dire che el papa dovessi lasciare piú presto in preda lo stato e la autoritá della Chiesa che pigliare l'arme, perché io credo che sia officio d'ogni buono e prudente pontefice conservare el grado e la autoritá lasciatagli dagli antecessori suoi, massime che declinando di quella perderebbe non manco lo spirituale che el temporale.
      Io confesso essere proprio ufficio del papa la cura spirituale, e dico piú, che molto maggiore e piú potente farebbe uno pontefice la autoritá spirituale, se non gli fussi turbata, che tutta la temporale che lui potessi avere; e che el dimettere le cure temporali lo farebbe piú sicuro, piú grande, piú reverendo nel conspetto di tutta cristianitá, se gli uomini fussino di quella bontá che doverebbono essere. Ma essendo el mondo pieno di malignitá, chi dubita che se uno pontefice non aiutassi le cose sue con ogni spezie d'arme e di potenzia, che sarebbe annichilato non manco nello spirituale che nel temporale? Perché ciascuno principe lo vorrebbe constringere a distribuire a modo suo e' benefici, le dignitá, le dispense e gli altri tesori e facultá ecclesiastiche; a' quali consentire sarebbe perniziosissimo, ed el recusare pericoloso alla persona sua ed alla Chiesa, e di gravissimo scandolo universale.
      Le cose per lunghissimi tempi sono transcorse in luogo, e si è tanto smarrita la reverenzia, la devozione ed ogni forma di santo vivere, che solamente la vita esemplare e la santitá de' pontefici non basta a riducerle al grado suo se non in processo di lunghissimo tempo; bisogna sia seguitata dal resto della corte, accompagnata dalla voluntá de' principi e favorita dal consenso universale.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
pagine 167

   





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