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      E se temé di questo quando si trattava la lega col governo di Francia confuso ed attonito per la prigione del suo principe, quanto è da credere che piú ne temessi poi che el re di Francia libero e ridotto in Francia era diventato capo della lega? Nel quale tempo Cesare dubitò tanto dello esito delle cose che mandò al papa in poste don Ugo di Moncada con espressa commessione di rilasciare lo stato di Milano, che era la causa per la quale sola el papa e viniziani entravano nella nuova guerra; la quale offerta si sarebbe accettata, se el papa, essendo giá fatta la lega nuova, avessi voluto mancare della sua fede al re di Francia.
      Sentiva adunche Cesare in quanto pericolo erano le cose sue; sentivanlo e' capitani e li agenti suoi, e' quali, soliti sempre confortarlo alla guerra, persuadevano in questo tempo e desideravano la pace. Furono intercette lettere di don Ugo a Cesare date in Siena, quando partito da Milano andava a Roma per trattare la concordia col papa, nelle quali avendo el dí medesimo avuto certezza in Firenze della lega fatta, lo conforta caldissimamente alla pace, mostrando la grandezza del pericolo ed uno consenso ardentissimo di tutta Italia contro a' soldati spagnuoli. Furono intercette lettere del marchese del Guasto e di Antonio di Leva, capitani allora dello esercito, scritte al duca di Sessa, oratore cesareo in Roma, ed al medesimo don Ugo, nelle quali largamente concludono le cose loro non avere rimedio, riscaldando e sollecitando quanto potevano la concordia col papa.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
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