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      E io in mio particulare ho avuto insino a questi dí 3 di febbraio 1523 in molte cose bonissima fortuna, ma non l'ho avuto simile nelle mercatanzie, né anche negli onori che ho cercati di avere; perché quegli che non ho cercati mi sono corsi da loro medesimi drieto; ma quelli che ho cercati, è paruto che si discostino.
     
      139. Non ha maggiore inimico l'uomo che sé medesimo; perché quasi tutti e' mali, pericoli e travagli superflui che ha, non procedono da altro che dalla sua troppa cupiditá.
     
      140. Le cose del mondo non stanno ferme, anzi hanno sempre progresso al cammino a che ragionevolmente per sua natura hanno a andare a finire, ma tardano piú che non è la opinione nostra; perché noi le misuriamo seconda la vita nostra che è breve, e non secondo el tempo loro che è lungo; e però sono e' passi suoi piú tardi che non sono e' nostri, e sí tardi per sua natura che, ancora che si muovino, non ci accorgiamo spesso de' suoi moti; e per questo sono spesso falsi e' giudíci che noi facciamo.
     
      141. Lo appetito della roba nascerebbe da animo basso o male composto, se non si desiderassi per altro che per poterla godere; ma essendo corrotto el vivere del mondo come è, chi desidera riputazione è necessitato a desiderare roba; perché con essa rilucono le virtú e sono in prezzo, le quali in uno povero sono poco stimate, e manco cognosciute.
     
      142. Non so se si debbono chiamare fortunati quelli a chi una volta si presenta una grande occasione; perché chi non è bene prudente, non la sa bene usare: ma sanza dubio sono fortunatissimi a chi una medesima grande occasione si presenta due volte, perché è bene dapoco chi la seconda volta non la sa usare: e cosí in questo caso secondo s'ha a avere tutta la obligazione con la fortuna, dove nel primo ha ancora parte la prudenzia.


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Ricordi
di Francesco Guicciardini
pagine 100