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      Però Luigi padre di Carlo, principe che aveva sempre seguitato piú la sostanza che l'apparenza delle cose, non avere mai accettato le speranze propostegli d'Italia, né tenuto conto delle ragioni pervenutegli del regno di Napoli, ma sempre affermato che il mandare eserciti di là da' monti non era altro che cercare di comperare molestie e pericoli, con infinito tesoro e sangue del reame di Francia. Essere, volendo procedere a questa espedizione, innanzi a ogni cosa necessario comporre le controversie co' re vicini: perché con Ferdinando re di Spagna cagioni di discordie e di sospetti non mancavano; e con Massimiliano re de' romani e con Filippo arciduca d'Austria suo figliuolo erano molte non solo emulazioni ma ingiurie; gli animi de' quali non si potrebbono riconciliare senza concedere a essi cose dannosissime alla corona di Francia, e non di meno si riconcilierebbono piú con le dimostrazioni che con gli effetti: perché quale accordo basterebbe a assicurare che, sopravenendo all'esercito regio qualche difficoltà in Italia, non assaltassino il regno di Francia? né doversi sperare che in Enrico settimo re di Inghilterra non avesse forza maggiore l'odio naturale degli inghilesi contro a' franzesi che la pace fatta con lui pochi mesi avanti; perché era manifesto avervelo tirato, piú che altra causa, il non corrispondere gli apparati del re de' romani alle promesse con le quali l'avea indotto a porre il campo intorno a Bologna. Queste e altre simili ragioni si allegavano da' signori grandi, parte tra loro medesimi parte col re, a dissuadere la nuova guerra: tra i quali la detestava, piú efficacemente che alcun altro, Iacopo Gravilla, ammiraglio di Francia, uomo al quale la fama inveterata in tutto il regno di essere savio conservava l'autorità, benché gli fusse alquanto stata diminuita la grandezza.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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