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      Ebbe il re di Francia, all'ora medesima che si partiva di Roma, avviso della sua fuga. Il quale come fu arrivato a Velletri, il cardinale di Valenza fuggí occultamente da lui: della quale cosa benché il padre facesse gravi querele, offerendo d'assicurare il re in qualunque modo volesse, si credette fusse stato per suo comandamento, come quello che voleva fusse in sua facoltà l'osservare o no le convenzioni fatte con lui. Da Velletri andò l'antiguardia a Montefortino, terra posta nella campagna della Chiesa e suddita a Iacopo Conte barone romano; il quale, condotto prima agli stipendi di Carlo, si era di poi, potendo piú in lui l'odio de' Colonnesi che l'onore proprio, condotto con Alfonso: il quale castello battuto dall'artiglierie, benché fortissimo di sito, presono i franzesi in pochissime ore, ammazzando tutti quegli che v'erano dentro eccetto tre suoi figliuoli con alcuni altri che rifuggiti nella fortezza, come veddono dirizzarvisi l'artiglierie, s'arrenderono prigioni. Andò dipoi l'esercito al Monte di San Giovanni, terra del marchese di Pescara, posta in su i confini del regno nella medesima campagna, la quale forte di sito e di munizione non era meno munita di difensori, perché vi erano dentro trecento fanti forestieri e cinquecento degli abitatori dispostissimi a ogni pericolo, in modo si giudicava non si dovesse espugnare se non in ispazio di molti dí. Ma i franzesi avendolo battuto con l'artiglierie poche ore, gli dettono, presente il re che vi era venuto da Veroli, con tanta ferocia la battaglia che, superate tutte le difficoltà, l'espugnorono per forza il dí medesimo: dove, per il furore loro naturale e per indurre con questo esempio gli altri a non ardire di resistere, commessono grandissima uccisione; e dopo avervi esercitato ogn'altra specie di barbara ferità incrudelirono contro agli edifici col fuoco.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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