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      Non avere in tempo alcuno la città di Pisa ottenuto grandezza in terra ferma, anzi, non avendo mai, non ch'altro, potuto dominare Lucca città tanto vicina, essere stata sempre rinchiusa in angustissimo territorio; e la potenza marittima essere stata breve, perché per giusto giudicio di Dio, concitato per molte loro iniquità e scelerate operazioni, e per le lunghe discordie civili e inimicizie tra essi medesimi, era, molt'anni prima che fusse venduta a' fiorentini, caduta d'ogni grandezza e di ricchezze e d'abitatori, e diventata tanto debole che e' fusse riuscito a ser Iacopo d'Appiano, notaio ignobile del contado di Pisa, di farsene signore, e dopo averla dominata piú anni lasciarla ereditaria a' figliuoli. Né importare il dominio di Pisa a'fiorentini se non per l'opportunità del sito e per la comodità del mare, perché l'entrate le quali se ne traevano erano di piccola considerazione, essendo le esazioni sí leggiere che di poco sopravanzavano alle spese che per necessità vi si facevano; con tutto che la piú parte si riscotesse da' mercatanti forestieri, e per beneficio del porto di Livorno. Né essere, circa le mercatanzie arti e uffici, legati i pisani con altre leggi che fussino legate l'altre città suddite de' fiorentini; le quali, confessando essere governate con imperio moderato e mansueto, non desideravano mutare signore, perché non avevano quella alterigia e ostinazione la quale era naturale a' pisani, né anche quella perfidia che in loro era tanto notoria che fusse celebrata per antichissimo proverbio di tutta la Toscana.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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