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      Né vi muova l'esempio de' viniziani, perché in loro e il sito fa qualche momento e la forma del governo inveterata fa molto, e le cose vi sono ordinate in modo che le deliberazioni importanti sono piú in potestà di pochi che di molti; e gl'ingegni loro, non essendo per natura forse cosí acuti come sono gli ingegni nostri, sono molto piú facili a quietarsi e a contentarsi. Né si regge il governo viniziano solamente con quegli due fondamenti i quali sono stati considerati, ma alla perfezione e stabilità sua importa molto lo esservi uno doge perpetuo, e molte altre ordinazioni, le quali chi volesse introdurre in questa republica arebbe infiniti contradittori; perché la città nostra non nasce al presente, né ha ora la prima volta la sua instituzione. Però, repugnando spesso alla utilità comune gli abiti inveterati, e sospettando gli uomini che sotto colore della conservazione della libertà si cerchi di suscitare nuova tirannide, non sono per giovargli facilmente i consigli sani; cosí come in uno corpo infetto e abbondante di pravi umori non giovano le medicine come in uno corpo purificato. Per le quali cagioni, e per la natura delle cose umane, che comunemente declinano al peggio, è da temere che quello che sarà in questo principio ordinato imperfettamente, in progresso di tempo in tutto si disordini, piú che da sperare che o col tempo o con le occasioni si riduca alla perfezione. Ma non abbiamo noi gli esempli nostri senza cercare di quegli d'altri? ché mai il popolo ha assolutamente governata questa città che ella non si sia piena di discordie, che ella non si sia in tutto conquassata, e finalmente che lo stato non abbia presto avuto mutazione: e se pure vogliamo ricercare per gli esempli d'altri, perché non ci ricordiamo noi che il governo totalmente popolare fece in Roma tanti tumulti che se non fusse stata la scienza e la prontezza militare sarebbe stata breve la vita di quella republica? perché non ci ricordiamo noi che Atene, floridissima e potentissima città, non per altro perdé l'imperio suo, e poi cadde in servitú di suoi cittadini e di forestieri, che per disporsi le cose gravi con le deliberazioni della moltitudine?


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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