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      E fu nel medesimo consiglio deliberato di affaticarsi con ogni diligenza e con offerte grandissime per separare il pontefice dagli altri collegati, e per disporlo a concedere [a Carlo] la investitura del regno di Napoli; la quale benché a Roma avesse convenuto di concedere assolutamente, avea insino a quel dí ricusato di concedere, eziandio con dichiarazione che per questa concessione non si facesse pregiudicio alle ragioni degli altri. Né in tanto grave deliberazione, e tra sí importanti pensieri, cadde la memoria delle cose di Pisa; perché desiderando, per molti rispetti, che in potestà sua fusse il disporne, e dubitando che dal popolo pisano non gli fusse con l'aiuto de' collegati tolta la cittadella, vi mandò per mare, insieme con gli imbasciadori pisani che erano appresso a lui, seicento fanti di quegli del regno suo. I quali, come arrivorono in Pisa, presa la medesima affezione che avevano presa gli altri lasciati in quella città, e mossi da cupidità di rubare, andorono con le genti de' pisani, da' quali ebbono danari, a campo al castello di Librafatta; dove i pisani, de' quali era capitano Lucio Malvezzo, essendosi accampati non molti dí prima, preso animo per avere i fiorentini mandata una parte delle genti verso Montepulciano, inteso dipoi approssimarsi gl'inimici si erano levati innanzi dí: ma ritornativi di nuovo con questo presidio franzese l'espugnorono in pochi dí; essendo stato l'esercito fiorentino, il quale ritornava per soccorrerla, impedito dalla grossezza dell'acque a passare il fiume del Serchio, né avendo avuto ardire di pigliare il cammino allato alle mura di Lucca, per la disposizione del popolo lucchese, concitato molto in favore della libertà de' pisani.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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