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      Ma già il pericolo del re aveva infiammato talmente quegli che erano manco lontani che, correndo tutti a coprire con le persone proprie la persona reale, ritenevano pure indietro gli italiani; e sopravenendo in questo tempo la battaglia sua che era restata indietro, uno squadrone di quella urtò ferocemente gli inimici per fianco, da che si raffrenò assai l'impeto loro. E si aggiunse che Ridolfo da Gonzaga, zio del marchese di Mantova, condottiere di grande esperienza, mentre che i suoi confortando e dove apparisse principio di disordine riordinando, e ora in qua ora in là andando, fa l'ufficio di egregio capitano, avendo per sorte alzato l'elmetto, ferito da uno franzese con uno stocco nella faccia e caduto a terra del cavallo, non potendo in tanta confusione e tumulto e nella moltitudine sí stretta di ferocissimi cavalli aiutarlo i suoi, anzi cadendogli addosso altri uomini e altri cavalli, piú tosto soffocato nella calca che per l'armi degli inimici perdé la vita: caso certamente indegno di lui, perché e ne' consigli del dí dinanzi e la mattina medesima, giudicando imprudenza il mettere, senza necessità, tanto in potestà della fortuna, avea contro alla volontà del nipote consigliato che si fuggisse il combattere. Cosí variandosi con diversi accidenti la battaglia, né si scoprendo piú per gli italiani che per i franzesi vantaggio alcuno, era piú che mai dubbio chi dovesse essere vincitore; e però, pareggiata quasi la speranza e il timore, si combatteva da ogni parte con ardore incredibile, riputando ciascheduno che nella sua mano destra e nella sua fortezza fusse collocata la vittoria.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





Ridolfo Gonzaga Mantova