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      Ma il re, essendo intento solamente al passare innanzi, non voluto udire pratica alcuna, seguitò con celerità il suo cammino; con non piccolo mancamento, da' primi dí in fuora, di vettovaglie, perché di mano in mano trovava le terre meglio guardate, avendo Lodovico Sforza distribuiti, parte in Tortona, sotto Guasparri da San Severino cognominato il Fracassa, parte in Alessandria, molti cavalli e mille dugento fanti tedeschi levati dal campo di Novara; ed essendo i franzesi, poi che ebbono passata la Trebbia, stati sempre infestati alla coda dal conte di Gaiazzo, che aveva aggiunto a' suoi cavalli leggieri cinquecento fanti tedeschi che erano alla guardia di Piacenza: non avendo potuto ottenere che gli fussino mandati dall'esercito tutto il resto de' cavalli leggieri e quattrocento uomini d'arme, perché i proveditori viniziani, ammuniti dal pericolo corso in sul fiume del Taro, non vollono consentirlo. Pure i franzesi, avendo quando furno vicini ad Alessandria preso il cammino piú alto verso la montagna, dove ha meno acqua il fiume del Tanaro, si condusseno senza perdita d'uomini o altro danno, in otto alloggiamenti, alle mura d'Asti; nella quale città entrato il re alloggiò la gente di guerra in campagna, con intenzione di accrescere il suo esercito, e fermarsi tanto in Italia che avesse soccorso Novara; e il campo della lega che l'aveva seguitato insino in tortonese, disperato di potergli piú nuocere, s'andò a unire con la gente sforzesca intorno a quella città: la quale pativa già molto di vettovaglie, perché dal duca di Orliens e da' suoi non era stata usata diligenza alcuna di provederla, come, per essere


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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