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      I quali essendosi convenuti insieme piú volte; e inoltre andati, in diversi dí, alcuni di essi, dall'uno esercito all'altro, si ristrignevano principalmente le differenze alla città di Novara: perché il re, non ponendo difficoltà nell'effetto della restituzione ma nel modo, per minore offesa dell'onore proprio faceva instanza che, in nome del re de' romani, diretto signore del ducato di Milano, si dipositasse in mano d'uno di quegli capitani tedeschi che erano nel campo italiano; ma i collegati instavano si rilasciasse liberamente. Né si potendo questa e l'altre difficoltà che accadevano risolvere cosí presto come arebbono avuto di bisogno quegli che erano in Novara, ridotti tanto allo estremo che già per la fame, e per le infermità causate da quella, vi erano morti circa dumila uomini della gente di Orliens, fu fatto tregua per otto dí; dando facoltà a lui e al marchese di Saluzzo di andare con piccola compagnia a Vercelli, ma con promessa di ritornare dentro con la medesima compagnia se la pace non si facesse: per sicurtà del quale, avendo a passare per le forze degli inimici, il marchese di Mantova andò a una torre presso a Bolgari, in potestà del conte di Fois. Né arebbeno i soldati, i quali restorono in Novara, lasciatolo partire se da lui non avessino avuta la fede che, fra tre dí, o vi ritornerebbe o che essi arebbono per opera sua facoltà d'uscirsene; e dal marisciallo di Gies, che era andato a Novara per condurlo fuora, un suo nipote per statico: perché erano consumati non solo i cibi consueti al vitto umano ma eziandio gli immondi, da' quali gli uomini in tanta estremità non si erano astenuti.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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