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      Ma come il duca d'Orliens fu arrivato al re si prolungò la tregua per pochi dí, con patto che tutta la gente sua uscisse di Novara, lasciando la terra in potestà del popolo, sotto giuramento di non la dare ad alcuna delle parti senza il consentimento comune; e che nella rocca rimanessino per Orliens trenta fanti, a' quali fusse dal campo italiano giornalmente mandata la vettovaglia. Cosí uscirono di Novara tutti i soldati, accompagnati, insino che furono in luogo sicuro dal marchese di Mantova e da Galeazzo da San Severino, ma tanto indeboliti e consumati dalla fame che non pochi di loro morirono appena arrivati a Vercelli e gli altri restorno inutili a adoperarsi in questa guerra. E in quegli dí medesimi arrivò il baglí di Dig
      iuno col resto de' svizzeri; de' quali se bene non n'avesse dimandati piú che diecimila, non aveva potuto proibire che alla fama de' danari del re di Francia non concorressino quasi popolarmente, in modo che ascendevano al numero di ventimila: de' quali la metà si congiunse col campo che era appresso a Vercelli, l'altra metà si fermò discosto dieci miglia, non si giudicando totalmente sicuro che tanta quantità di quella nazione stesse insieme nel medesimo esercito. La cui venuta se fusse stata qualche dí prima arebbe facilmente interrotte le pratiche dell'accordo, perché nell'esercito del re erano, oltre a questi, ottomila fanti franzesi, dumila svizzeri di quegli che erano stati a Napoli, e le compagnie di mille ottocento lancie; ma essendo la materia tanto avanti, e già abbandonata Novara, non si intermessono i ragionamenti; con tutto che il duca di Orliens facesse opera efficace in contrario, e che nella sua sentenza molti altri concorressino.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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