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      Nonessere la republica veneta in grado che fusse costretta ad abbracciare consigli pericolosi o farsi incontro alle occasioni immature, anzi niuno in Italia potere piú aspettare l'opportunità de' tempi e la maturità delle occasioni. Perché le deliberazioni precipitose o dubbie convenivano a chi aveva difficili o sinistre condizioni, o a chi stimolato dalla ambizione e dalla cupidità di fare illustre il nome suo temeva non gli mancasse il tempo, non a quella republica, che collocata in tanta potenza degnità e autorità era temuta e invidiata da tutto 'l resto d'Italia, e la quale essendo a rispetto de' re e degli altri príncipi quasi immortale e perpetua, ed essendo sempre il medesimo nome del senato viniziano, non aveva cagione di affrettare innanzi al tempo le sue deliberazioni; e appartenere piú alla sapienza e gravità di quel senato, considerando, come era proprio degli uomini veramente prudenti, i pericoli che si ascondevano sotto queste speranze e cupidità, e piú i fini che i princípi delle cose, rifiutati i consigli temerari, astenersi, cosí nell'occasione di Pisa come nell'altre che s'offerivano, da spaventare e irritare gli animi degli altri, almeno insino a tanto che Italia fusse meglio assicurata da' pericoli e sospetti degli oltramontani; e avvertire sopratutto di non dare causa che di nuovo vi entrassino, perché l'esperienza aveva dimostrato, in pochissimi mesi, che tutta Italia quando non era oppressa da nazioni straniere seguitava quasi sempre l'autorità del senato viniziano, ma quando erano barbari in Italia, in cambio di essere seguitato e temuto dagli altri, bisognava che insieme con gli altri temesse le forze forestiere.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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