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      Dalle quali arti benché riportasse piccolo frutto, essendo notissima al re la mente sua, sí per l'altre azioni sí perché, per lettere e istruzioni sue che erano state intercette, era venuto a luce essere da lui stimolati continuamente il re de' romani e i re di Spagna a muovere la guerra in Francia, nondimeno, sperandosi che forse il timore lo indurrebbe a quello da che era aliena la volontà, fu commesso a Rigault che, non disputando della inosservanza passata, gli significasse in potestà sua essere di cancellare la memoria dell'offese cominciando a osservare, rendendo le galee concedendo le caracche e permettendo l'armare a Genova; e gli soggiugnesse la deliberazione della passata del re, la quale sarebbe con gravissimo suo danno se, mentre gli era offerta la facoltà, non ritornasse a quella amicizia la quale il re si persuadeva che egli piú tosto per sospetti vani che per altra cagione avesse imprudentemente disprezzata.
      Già la fama degli apparati che si facevano, trapassata in Italia, aveva dato molta alterazione a' collegati; e sopra tutti Lodovico Sforza, essendo il primo esposto all'impeto degl'inimici, si ritrovava in grandissima ansietà, inteso massime che, dopo la partita di Rigault dalla corte, il re con parole e dimostrazioni molto brusche aveva licenziato tutti gli agenti suoi. Per il che, rivoltandosi nella mente la grandezza del pericolo, e che tutti i travagli della guerra si riducevano nel suo stato, si sarebbe facilmente accomodato alle richieste del re se non l'avesse ritenuto il sospetto, per la coscienza dell'offese fattegli, per le quali era generata da ogni parte tale diffidenza, che e' fusse piú difficile trovare mezzo di sicurtà per ciascuno che convenire negli articoli delle differenze; perché togliendosi alla sicurezza dell'uno quel che si consentisse per assicurare l'altro, niuno voleva rimettere nella fede di altri quel che l'altro recusava di rimettere nella sua.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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