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      Alla quale accostatosi il dí seguente, e necessitati facilmente ad arrendersi i fanti messi a guardia di Potito e Castelvecchio, due torri distanti l'una dopo l'altra per piccolo spazio da Librafatta, piantò dalla seconda torre e da altri luoghi l'artiglierie contro alla terra, bene proveduta e guardata perché vi erano dugento fanti de' viniziani; da' quali luoghi battendo la muraglia da alto e da basso, sperò il primo dí di espugnarla: ma essendo per avventura ruinato uno arco della muraglia, quello ruinando, la notte, alzò quattro braccia il riparo cominciatovi; in modo che Paolo, avendo tentato invano tre dí di salirvi con le scale, cominciò del successo non mediocremente a dubitare, ricevendo l'esercito molti danni da una artiglieria di dentro che tirava per una bombardiera bassa. Ma fu la industria e virtú sua aiutata dal beneficio della fortuna, senza il favore della quale sono spesso fallaci i consigli de' capitani; perché da uno colpo d'artiglieria di quelle del campo fu rotta quella bombarda e ammazzato uno de' migliori bombardieri che fusse dentro, e passò la palla per tutta la terra. Dal qual caso spaventati, perché per l'artiglieria piantata alla seconda torre difficilmente potevano affacciarsi, si arrenderono il quarto dí, e poco poi la rocca, aspettati pochi colpi d'artiglieria, fece il medesimo. Acquistata Librafatta, attese a fare alcuni bastioni in sui monti vicini; ma sopra tutti uno forte e capace di molti uomini sopra Santa Maria in Castello, chiamato, dal monte in sul quale fu posto, il bastione della Ventura, il quale scorreva tutto il paese circostante, e dove è fama esserne anticamente stato fabricato un altro da Castruccio lucchese, capitano nobilissimo de' tempi suoi, acciocché, guardandosi questo e Librafatta, restassino impedite le comodità che, per la via di Lucca e di Pietrasanta, potessino andare a Pisa.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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