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      Confidava che in coloro i quali, per odio e per varie cagioni, desiderano la nostra declinazione si troverebbe quella prudenza da vincere gli sdegni e le cupidità che noi non troviamo in noi medesimi a raffrenare questi ambiziosi pensieri. Né io so perché debbiamo prometterci che nel re de' romani e in quella nazione possa piú l'emulazione e lo sdegno antico e nuovo contro al re di Francia, se acquisterà Milano, che l'odio inveterato che hanno contro a noi che tegniamo tante terre appartenenti alla casa d'Austria e allo imperio; né so perché il re de' romani si congiugnerà piú volentieri con noi contro al re di Francia che con lui contro a noi: anzi è piú verisimile l'unione de' barbari, inimici eterni del nome italiano, e a una preda piú facile; perché unito con lui potrà piú sperare vittoria di noi che unito con noi non potrà sperare di lui. Senza che, l'azioni sue nella lega passata, e quando venne in Italia, furono tali che io non so per che causa s'abbia tanto a desiderare di averlo congiunto seco. Hacci ingiuriato Lodovico gravissimamente, nessuno lo nega, ma non è prudenza mettere, per fare vendetta, le cose proprie in pericolo sí grave, né è vergogna aspettare a vendicarsi gli accidenti e l'occasioni che può aspettare una republica; anzi è molto vituperoso lasciarsi innanzi al tempo traportare dallo sdegno, e nelle cose degli stati è somma infamia quando la imprudenza è accompagnata dal danno. Non si dirà che queste ragioni ci muovino a una impresa sí temeraria, ma si giudicherà per ciascuno che noi siamo tirati dalla cupidità d'avere Cremona; però da ciascuno sarà desiderata la sapienza e la gravità antica di questo senato, ciascuno si maraviglierà che noi incorriamo in quella medesima temerità nella quale ci maravigliammo tanto noi che fusse incorso Lodovico Sforza, di avere condotto il re di Francia in Italia.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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