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      E perché erano certi che con grandissima difficoltà sarebbeno consentite ne' loro consigli quelle conclusioni alle quali, insino dal principio, conoscevano essere necessario declinare, avevano prudentemente, quando si cominciò a trattare a Ferrara, procurato che dal consiglio de' pregati fusse data amplissima autorità sopra le cose di Pisa e dello accordo co' fiorentini al consiglio de' dieci, nel quale consiglio, molto minore di numero, intervengono tutti gli uomini di piú gravità e autorità, che erano la maggiore parte di quegli medesimi che desideravano questa concordia: e ora, condotta la pratica a Vinegia, non si confidando di disporre il consiglio de' pregati a consentire agli articoli trattati a Ferrara, e conoscendo che il consentirgli da per sé il consiglio de' dieci sarebbe di molto carico a chi vi intervenisse, instavano che si facesse il compromesso, sperando che del giudicio che ne nascesse si risentirebbono piú gli uomini contro all'arbitro che contro a loro, e che piú facilmente avesse a essere ratificato quello che già fusse lodato che consentito quando si trattasse per via di concordia con la parte. Però, dopo disputa di qualche dí, minacciando il duca di Milano i fiorentini, che ricusavano di compromettere, di levare subito di Toscana tutte le genti sue, fu fatto il compromesso per otto dí, libero e assoluto, in Ercole duca di Ferrara. Il quale, dopo molta discussione, pronunziò, il sesto dí di aprile: che fra otto dí prossimi si levassino l'offese tra i viniziani e i fiorentini, e che il dí della festività prossima di santo Marco tutte le genti e aiuti di ciascuna delle parti si partissino e ritornassino agli stati propri, e che i viniziani il dí medesimo levassino di Pisa e del suo contado tutte le genti che v'avevano, e abbandonassino Bibbiena e tutti gli altri luoghi che occupavano de' fiorentini, i quali perdonassino agli uomini di Bibbiena i falli commessi; e che per ristoro delle spese fatte, quali affermavano i viniziani ascendere a ottocentomila ducati, fussino obligati i fiorentini a pagare loro, insino in dodici anni, quindicimila ducati per anno: che a' pisani fusse conceduta venia di tutti i delitti fatti, facoltà di esercitare per mare e per terra ogni qualità di arti e di mercatanzie: stessino in custodia loro le fortezze di Pisa e de' luoghi che il dí del lodo dato possedevano, ma con patto che de' pisani si eleggessino le guardie, o d'altronde, di persone non sospette a' fiorentini, e fussino pagate delle entrate che caverebbono di Pisa i fiorentini, non accrescendo né il numero degli uomini né la spesa consueta a tenersi innanzi alla rebellione: rovinassinsi, se cosí paresse a' pisani, tutte le fortezze del contado proprio di Pisa state ricuperate da' fiorentini mentre che i viniziani avevano la loro protezione: che in Pisa le prime instanze de' giudici civili fussino giudicate da uno podestà forestiere, eletto da' pisani di luogo non sospetto a' fiorentini; e il capitano eletto da' fiorentini non conoscesse se non delle cause delle appellazioni né potesse procedere, in caso alcuno criminale dove si trattasse di sangue d'esilio o di confiscazione, senza il consiglio di uno assessore, eletto da Ercole o da' suoi successori, di cinque dottori di legge che del domin


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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