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      Ma questo non è tanto certo quanto è certo a ciascuno che, se in Galeazzo fusse stato o consiglio di capitano o animo militare, arebbe potuto facilmente difendere Alessandria e la maggiore parte delle cose di là da Po, con le genti che aveva, anzi arebbe forse avuto qualche prospero successo: perché avendo, pochi dí innanzi, passato il fiume della Bornia una parte dello esercito franzese e, per essere sopravenute grosse pioggie, trovandosi rinchiusa tra i fiumi della Bornia e del Tanaro, non bastò l'animo a Galeazzo di assaltargli, se bene gli fusse significato che alcuni de' suoi cavalli leggieri, usciti di Alessandria per il ponte che in sul Tanaro congiugne il borgo alla città e andati inverso di loro, avessino quasi messo in fuga la prima squadra.
      La perdita di Alessandria spaventò tutto il resto del ducato di Milano, oppresso a ogn'ora di nuove calamità: perché e i franzesi passato Po erano andati a campo a Mortara, donde Pavia si era accordata con loro, e le genti de' viniziani, presa la rocca di Caravaggio e passato in su uno ponte di barche il fiume di Adda, avevano corso insino a Lodi; e già quasi tutte l'altre terre tumultuavano. Né in Milano era minore confusione o terrore che altrove, perché tutta la città sollevata aveva preso l'armi: e con tanto poca riverenza verso il suo signore che, uscendo da lui del castello, nel mezzo del dí, Antonio da Landriano generale suo tesoriere, fu nella strada publica, o per inimicizie particolari o per ordine di chi desiderava cose nuove, ammazzato.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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