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      E perciò, non si dubitando piú quale avesse a essere il fine di questa guerra e convertito il timore degli uomini in somma ammirazione, era molto desiderata da ciascuno la prudenza del re di Francia, che avesse piú tosto voluto che la metà di quel reame cadesse nelle mani del re di Spagna e messo in Italia, dove prima era solo arbitro delle cose, uno re emulo suo, al quale potessino ricorrere tutti gli inimici e malcontenti di lui e congiunto oltre a questo al re de' romani con interessi molto stretti, che comportare che Federigo restasse nel tutto, riconoscendolo da lui e pagandogliene tributo, come per vari mezzi aveva cercato di ottenere. Ma non era nel concetto universale meno desiderata la integrità e la fede di Ferdinando, maravigliandosi tutti gli uomini che, per cupidità di ottenere quella parte del reame, si fusse congiurato contro a uno re del sangue suo, e che per potere piú facilmente sovvertirlo l'avesse sempre pasciuto di promissioni false di aiutarlo; e oscurato lo splendore del titolo di re cattolico (il quale titolo egli e la reina Elisabetta avevano, pochi anni innanzi, conseguito dal pontefice), e quella gloria con la quale era stato esaltato insino al cielo il nome loro, di avere, non meno per zelo della religione che per proprio interesse, cacciato i mori del reame di Granata. Alle quali calunnie, date all'uno e all'altro re, non si rispondeva, in nome del re di Francia, se non che la possanza franzese era bastante a dare rimedio, quando fusse il tempo, a tutti i disordini; ma in nome di Ferdinando si diceva che se bene da Federigo gli fusse stata data giusta cagione di muoversi contro a lui, per sapere che egli molto prima aveva tenuto pratiche secrete col re di Francia in suo pregiudicio, nondimeno non averlo mosso questo ma la considerazione che, avendo quel re deliberato di fare a ogni modo la impresa del reame di Napoli, si riduceva in necessità o di difenderlo o di abbandonarlo.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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