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      E aveva il pontefice motteggiato con arguzia spagnuola sopra quello che aveva fatto il figliuolo, dicendo che essendo stati Pagolo Orsino e gli altri i primi a mancargli della fede, perché si erano obligati di andare a lui uno per volta e vi erano andati tutti insieme, non era stato meno lecito a lui mancare a loro. Stette circa venti dí prigione il cardinale, pretendendo il pontefice alla incarcerazione di uno cardinale sí antico e di tale età e autorità varie cagioni; e finalmente, sparsa voce che fusse ammalato, morí in palazzo, come si credette certissimamente, di veleno: la quale opinione il pontefice per alleggierire, ancora che fusse assueto a non curarsi delle infamie, volle che di giorno fusse portato scoperto alla sepoltura, accompagnato dalla sua famiglia e di tutti i cardinali. E gli altri prigioni furono, non molto dipoi, data sicurtà di rappresentarsi, liberati.
      Ma Valentino, non volendo essere stato scelerato senza premio, si partí senza indugio da Sinigaglia e si dirizzò a Città di Castello; e trovata quella città abbandonata da quegli che vi restavano della famiglia de' Vitelli, i quali intesa la morte di Vitellozzo si erano fuggiti, continuò il cammino verso Perugia; onde fuggí Giampagolo, il quale, destinato a piú tardo ma a maggiore supplizio, era per sospetto stato piú cauto che gli altri a andare a Sinigaglia. Lasciò l'una e l'altra città sotto il nome della Chiesa, avendo rimesso in Perugia Carlo Baglione gli Oddi e tutti gli altri inimici di Giampagolo; e volendo con sí grande occasione tentare di insignorirsi di Siena, seguitandolo alcuni fuorusciti di quella città andò con l'esercito, nel quale erano arrivati di nuovo gli aiuti promessi dal Bentivoglio, a Castel della Pieve; dove intesa la cattura del cardinale Orsino, fece strangolare il duca di Gravina e Pagolo Orsini, e mandò imbasciadori a Siena a ricercare che cacciassino Pandolfo Petrucci, come inimico suo e turbatore della quiete di Toscana, promettendo che, cacciato che fusse lui, se ne andrebbe con l'esercito in terra di Roma senza molestare altrimenti i loro confini: e da altra parte il pontefice ed egli, ardenti di desiderio che Pandolfo, cosí come era stato compagno di quegli altri nella vita fusse eziandio compagno nella morte, si ingegnavano di addormentarlo con le medesime arti con le quali avevano addormentati tutti gli altri, scrivendogli brevi e lettere molto umane, e mandandogli per messi propri imbasciate piene di affezione e di dolcezza.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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