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      articolari dell'uno e dell'altro esercito erano dati a ciascuno di loro, accendendogli a essere simili di se medesimi, a esaltare con la propria virtú lo splendore e la gloria della sua nazione. Co' quali conforti condotti al campo, pieni ciascuno d'animo e di ardore, essendo l'una delle parti fermatasi da una banda dello steccato opposita al luogo dove s'era fermata l'altra parte, come fu dato il segno, corseno ferocemente a scontrarsi con le lancie: nel quale scontro non essendo apparito vantaggio alcuno, messo con grandissima animosità e impeto mano all'altre armi, dimostrava ciascuno di loro egregiamente la sua virtú: confessandosi tacitamente per tutti gli spettatori che di tutti gli eserciti non potevano essere eletti soldati piú valorosi, né piú degni a fare sí glorioso paragone. Ma essendosi già combattuto per non piccolo spazio e coperta la terra di molti pezzi d'armadure e di molto sangue di feriti da ogni parte, e ambiguo ancora l'evento della battaglia, risguardati con grandissimo silenzio, ma quasi con non minore ansietà e travaglio d'animo che avessino loro, da' circostanti, accadde che Guglielmo Albimonte, uno degli italiani, fu gittato da cavallo da uno franzese; il quale mentre che ferocemente gli corre col cavallo addosso per ammazzarlo, Francesco Salamone correndo al pericolo del compagno ammazzò con uno grandissimo colpo il franzese, che intento a opprimere l'Albimonte da lui non si guardava; e di poi insieme con l'Albimonte che s'era sollevato, e col Miale che era in terra ferito, presi in mano spiedi che a questo effetto portati avevano, ammazzorono piú cavalli degl'inimici: donde i franzesi, cominciati a restare inferiori, furono chi da uno chi da un altro degli italiani fatti tutti prigioni.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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