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      Udí in Perugia il cardinale di Nerbona, venuto in nome del re di Francia a confortarlo che differisse ad altro tempo la impresa, ed escusare che, se bene il re desiderava mandargli le genti, non poteva, per i sospetti grandi che aveva di Cesare, disarmare il ducato di Milano. Della quale imbasciata commosso maravigliosamente, né mostrando per questo di volere mutare sentenza, cominciò a soldare fanti e accrescere tutte le provisioni: e nondimeno fu creduto da molti che, attese le difficoltà che si dimostravano e la natura sua non implacabile a chi gli cedeva, che se il Bentivoglio, che per suoi imbasciadori aveva offerto di mandargli tutti a quattro i figliuoli suoi, si fusse disposto ad andarvi come aveva fatto Giampaolo personalmente, arebbe trovato qualche forma tollerabile alle cose sue. In che mentre non si risolse per se stesso, o, secondo dicono alcuni, mentre è tenuto sospeso dalla contradizione della moglie, ebbe avviso che il re di Francia avea comandato a Ciamonte che andasse personalmente in aiuto suo con cinquecento lancie: perché il re, se bene, trovandosi allora il cardinale di Roano assente dalla corte, fusse stato inclinato a non le concedere, nondimeno confortato poi al contrario da lui, e considerando quanta offesa sarebbe al papa il denegargli quel che non solo da principio gli aveva promesso ma eziandio stimolato a volerlo usare, mutò sentenza; indotto ancora a questo piú facilmente perché le dimostrazioni di Massimiliano erano già, secondo la sua consuetudine, cominciate a raffreddare, e il pontefice, per sodisfare in qualche parte al re, era stato contento promettergli, benché non per scrittura ma con semplici parole, che per causa delle terre di Romagna non molesterebbe mai i viniziani.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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