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      I quali come furono congregati, Cesare fece leggere il breve del pontefice, e molte lettere per le quali gli era di vari luoghi significato il medesimo; e in alcuna delle quali era espresso essere la intenzione del re di Francia di collocare nella sedia pontificale il cardinale di Roano, e da lui ricevere la corona imperiale: per i quali avvisi essendo già concitati gli animi di tutti in grandissima indegnazione, Cesare, cessato che fu lo strepito, parlò in questa sentenza:
      - Già vedete, nobilissimi elettori e príncipi e spettabili oratori, che effetti abbia prodotti la pazienza che abbiamo avuta per il passato; già, che frutto abbia partorito l'essere state disprezzate le querele mie in tante diete. Già vedete che il re di Francia, il quale non ardiva prima, se non con grandi occasioni e con apparenti colori, tentare le cose appartenenti al sacro imperio, ora apertamente si prepara non per difendere, come altre volte ha fatto, i ribelli nostri, non per occupare in qualche luogo le ragioni dello imperio, ma per spogliare la Germania della degnità imperiale, stata acquistata e conservata con tanta virtú e con tanta fatica da' nostri maggiori. A tanta audacia lo incita non l'essere accresciute le forze sue, non l'essere diminuite le forze nostre, non l'ignorare quanto sia senza comparazione piú potente la Germania che la Francia, ma la speranza, conceputa per l'esperienza delle cose passate, che noi abbiamo a essere simili a noi medesimi, che in noi abbia a potere piú o le dissensioni o la ignavia nostra che gli stimoli della gloria, anzi della salute; che per le medesime cagioni per le quali abbiamo con tanta vergogna tollerato che da lui sia occupato il ducato di Milano, che da lui siano nutrite le discordie tra noi, che da lui siano difesi i ribelli dello imperio, abbiamo similmente a tollerare che da lui ci sia rapita la degnità imperiale, trasferito in Francia l'ornamento e lo splendore di questa nazione.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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